Ultimi giorni per visitare "Clinker Motel"
«L’ex-Italcementi nel viaggio per immagini di Pierluigi Cattani Faggion: da luogo di lavoro, di produzione, di occupazione, a non-luogo».
Intervista a Layla Betti
«L’ex-Italcementi ha caratterizzato per un intero secolo il panorama di Trento. I due camini, visibili praticamente da ogni punto della città, come ci racconta questo viaggio per immagini di Pierluigi Cattani Faggion, sono diventati in questi cento anni una sorta di identificativo del nostro capoluogo. Eppure, questo luogo così fortemente caratterizzato nel corso della sua esistenza si è rivestito più volte di significati e significanti diversi. Da luogo di lavoro, di produzione, di occupazione si è fatto non-luogo. Un luogo dalle svariate identità, continuamente mutevoli. Una volta chiusa, la grande fabbrica ha continuato a suo modo a produrre immaginari».
Ci avvicina con questa visione Layla Betti a Clinker Motel: ex-Italcementi, Trento 2005-2013, la mostra che fino all’11 gennaio sarà visitabile a Trento, - Spazio archeologico sotterraneo del Sas di piazza Cesare Battisti (da martedì a domenica, ore 9-13; 14-17.30. Lunedì chiuso). Coordinata dall'Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento con il sostegno della Fondazione museo storico del Trentino, l’iniziativa raccoglie una quarantina di fotografie scattate da Pierluigi Cattani Faggion all’interno dell’ex Italcementi di Trento tra il 2005 e il 2013.
Clinker Motel: a quali aspetti fanno riferimento i due termini del titolo?
«“Clinker” istituisce un preciso richiamo al materiale da cui si ottiene il cemento che veniva prodotto dallo stesso stabilimento, con “motel” abbiamo inteso sottolineare, invece, le diverse fasi di vita della struttura, fino a diventare casa per chi non ce l’ha».
Quale interesse guida l’indagine proposta dalla mostra?
«Il focus riguarda la città dal punto di vista sociale e urbanistico. Un viaggio per immagini che intende documentare le vicende di Italcementi a partire dal 2005. Faggion si avvicina alla fabbrica abbandonata, scatta le prime fotografie dall’esterno, poi entra e coglie l’incanto degli oggetti abbandonati da anni, che sembrano poter prendere vita in ogni momento».
Come prosegue la narrazione?
«Nel 2010 Faggion ritorna in quei luoghi e li trova abitati. Le sue foto non hanno un taglio di denuncia, e neppure di compassione. Documentano il tentativo di “addomesticare” gli spazi, ricreando, in certo senso, l’ordine domestico della quotidianità: stoviglie e altri oggetti personali sono disposti a ricreare l’idea di casa».
Un tema che accomuna molte fabbriche dismesse in tutto il mondo.
«In effetti, ci ha fatto molto piacere che la mostra sia stata accolta su www.museumofthecity.org, alla voce “industry”, accanto a realtà analoghe, dal Giappone all’America ad altri Paesi».
01/12/2014