Biblioè

Tra gli ospiti Alessandro Tamburini che con il suo Uomo al muro ci racconta Beppe Fenoglio 

L'appuntamento con Tamburini è oggi alle 11 a Palazzo delle Albere. L'autore ci avvicina ai contenuti dell'incontro.

"A oltre cinquant’anni dalla sua scomparsa, a seguito delle numerose tappe di sviluppo del discorso critico e in parallelo di quelle della storiografia resistenziale, si può ritenere concluso il cammino di riscoperta e di piena consacrazione di Beppe Fenoglio (Alba 1922 – Torino 1963), ormai reputato un classico del nostro Novecento. Un quadro ben diverso prese forma però nel 1952, quando la pubblicazione del suo primo libro, I ventitre giorni della città di Alba, venne preceduto e accompagnato da una serie di pesanti incomprensioni ed equivoci. A problemi editoriali, con ostacoli e imposizioni che avevano tra l’altro comportato il sacrificio e lo smembramento del romanzo La paga del sabato, se ne sommarono altri legati alla ricezione, con una campagna di stampa denigratoria scatenata da una parte della critica, sulla base di motivazioni ideologiche inerenti alla rappresentazione della Resistenza offerta dal testo fenogliano. Questi nodi problematici, bel lungi dal sciogliersi, sarebbero perdurati fino a diventare in qualche modo costitutivi della figura dell’autore, condizionando lo sviluppo della sua opera come anche la valutazione e il giudizio a cui essa sarebbe stata sottoposta.

Oggi appare ancora più marcata ed evidente la ricaduta negativa che l’accidentata fase dell’esordio ha avuto sull’attività di Fenoglio, per il resto della sua vita e anche dopo la precoce scomparsa. Uno dei principali intenti di questo mio lavoro è proprio mostrare, piuttosto che dimostrare, come l’autore ne sia stato deviato e penalizzato. In primo luogo nelle vicende editoriali, e di conseguenza nella storia e nel destino dei successivi progetti letterari; poi riguardo all’esercizio della propria attività creativa vera e propria; infine a causa di un radicamento dei pregiudizi scaturiti dall’ostracismo che una parte della critica aveva esercitato nei confronti dei Ventitre giorni.

Ne è scaturito tra l’altro un esito rilevante, se non decisivo e irreparabile, nel determinare la sua identità di scrittore postumo. Larga parte delle opere, fra cui le maggiori, hanno visto infatti la luce dopo la sua scomparsa e senza l’imprimatur dell’autore. La pubblicazione, nel 1968, del Partigiano Johnny, con il discusso procedimento che l’ha presieduta, ha poi messo in moto come ben sappiamo la vexata quaestio filologica connessa alla datazione delle opere fenogliane, rivelatasi in buona parte fuorviata e sterile, divenuta a sua volta un handicap poiché ha assorbito per decenni l’attività critica, limitando e ritardando gli studi sull’autore. Forse non a caso perciò, anche se in recenti e recentissime stagioni si è poi provveduto a colmare molti vuoti, vi sono ancora suoi testi che non sono stati sottoposti a uno studio mirato e approfondito.

In questo spazio rimasto in parte scoperto si colloca il mio lavoro su I ventitre giorni della città di Alba. Ne ho ricostruito anzitutto la genesi, e poi il campo della ricezione. Ho cercato quindi di mettere in luce la visione della guerra espressa da Fenoglio, nella sua qualità e originalità al tempo pressoché uniche, sulla base di una disamina dei racconti legati a questo tema, che infine ho ripreso in rapporto ad alcuni nuclei centrali, facendo ricorso anche a rimandi ai libri successivi e alla comparazione con quelli di altri autori coevi. Nel contempo, ho voluto evidenziare l’alto valore letterario del libro, e come vi si possano ravvisare in nuce le qualità tematiche e stilistiche che avrebbero trovato piena estrinsecazione nelle opere maggiori.

Mi sono ripromesso infine di scrivere un testo rigoroso e nel contempo chiaro e leggibile a tutti, in uno spirito di servizio nei confronti di Fenoglio e del suo incontro con i sempre più numerosi lettori ed estimatori della sua opera".

Alessandro Tamburini

25/04/2016